(Nota pubblicata sulla rivista Leasenews n. 3/2020, edita da Assilea)

  1. Premessa

La preoccupazione per le esposizioni nelle operazioni di leasing ha evidenziato l’esigenza di considerare nuove forme di organizzazione delle aziende finanziarie, e riconsiderare il valore della gestione dei crediti come elemento ulteriore di valorizzazione dell’impresa.

Il dibattito degli ultimi anni si è infatti concentrato sull’esigenza di risolvere al meglio e con ogni possibile rapidità il rischio di un peso eccessivo sui bilanci degli enti finanziari degli UTP accumulatisi negli anni, e affrontati con oggettiva difficoltà da parte delle imprese.

Senza indugiare sulle motivazioni di tali difficoltà, cui oltre all’effetto delle crisi finanziarie recenti possiamo aggiungere anche le conseguenze di una giustizia che non rende giustizia al creditore sia per i tempi di gestione dei processi di esecuzione che per la loro stessa farraginosa procedura, dobbiamo rilevare che il tema oggi da affrontare è a maggior ragione quello di verificare quali misure organizzative e gestionali l’impresa di leasing può adottare sia per prevenire le situazioni di UTP che per gestirle man mano che si vanno via via manifestando.

La normativa di vigilanza prudenziale, sia nazionale che comunitaria, ha definito le linee di intervento per una nuova e più efficiente governance dei crediti, la cui attenzione non va più concentrata sugli UTP e sugli NPL, ma anzi prevede che le imprese finanziarie e di credito considerino tale portafoglio nel suo realistico valore, per distinguere il concreto rischio di perdita da quello della valorizzazione di un portafoglio che altrimenti avrebbe costituito esclusivamente una voce di perdita.

In definitiva, l’Organo di gestione delle imprese assume il compito di valorizzare la gestione del portafoglio dei crediti non più come semplice voce del bilancio, ma piuttosto come un valore aggiunto di un’impresa che si organizza per definire gli obiettivi della gestione del portafoglio crediti, sia in termini di prevenzione rispetto agli UTP che in termini di evidenza del valore commerciale degli NPL e del loro ulteriore sfruttamento.

  1. La politica di gestione del portafoglio crediti non performing

Nell’ambito della governance delle imprese di credito e finanziarie il Consiglio di Amministrazione delibera la strategia dell’impresa e le generali politiche di gestione delle imprese e della rispettiva operatività. Si tratta della specifica responsabilità dell’Organo di gestione, dalla quale discendono obiettivi e finalità dell’attività aziendale nel corso dei diversi esercizi.

Nell’ambito della strategia delle imprese e delle generali politiche di gestione rientra anche quella sulla gestione del portafoglio dei crediti, da cui si concretizza l’organizzazione e l’adozione di processi e procedure specificamente destinati a tale scopo. Né è un esempio l’ipotesi della istituzione di una specifica unità organizzativa deputata a tale funzione, e delle rispettive procedure di gestione di cui l’impresa si doterà per il perseguimento degli obiettivi strategici indicati dal CdA.

Nella definizione di questa generale politica di indirizzo l’Organo amministrativo si avvale delle rilevazioni delle funzioni di controllo interno, oltre che delle proposte dell’Amministratore delegato o del Direttore generale, i quali forniscono le indicazioni tecnico operative per la definizione della delibera conseguente. La definizione della politica di gestione del portafoglio crediti si fonda quindi sui dati aziendali forniti dalla struttura organizzata dall’AD/DG, analizzati e considerati dal Sistema di Controllo Interno per quanto riguarda: il livello di rischio ed esigenze di copertura (Risk Management), la capacità dell’impresa di gestire i processi con le procedure in essere o con quelle che di ritiene di impostare specificamente (Internal Auditing), l’analisi dei possibili rischi di natura legale determinati sia dall’inosservanza delle normative di vigilanza, sia dalle eventuali operazioni straordinarie di gestione/cessione del portafoglio (Compliance).

La politica definisce obiettivi, modalità, soglie di tolleranza, forme di concessione e schemi organizzativi deputati alla gestione delle posizioni, assumendo come criterio generale la minima esposizione al rischio. La politica determina quindi la strategia che il CdA indica agli uffici operativi, in primis all’AD/Direttore generale, con gli obiettivi e gli scenari da valutare in relazione all’evoluzione ed alle caratteristiche del portafoglio. Secondo le normative di vigilanza, ma soprattutto al fine di collimare la strategia con la concreta situazione aggiornata del portafoglio, la politica va riesaminata periodicamente, almeno una volta l’anno.

  1. L’analisi del portafoglio

Una corretta analisi del portafoglio NPL non può prescindere da due rilevanti fattori: la strategia determinata dal CdA dalla quale discendono le soluzioni operative, e la qualità dei dati e delle informazioni che la società ha raccolto per le posizioni attive, o che sta aggiornando in fase di controllo e monitoraggio.

Le attività di monitoraggio, di aggiornamento delle posizioni, di verifica della situazione patrimoniale del cliente, l’analisi dei suoi economics e di quelli più generali del settore, anche a livello territoriale, in cui l’impresa cliente opera costituiscono alcuni degli elementi su cui fondare una più accurata valutazione della capacità di adempimento corretto del debitore, o di un possibile affidamento di concessioni non appena se ne debba profilare la possibilità in relazione al mutare delle condizioni patrimoniali e finanziarie iniziali del cliente. Da questo punto di vista, la procedura disposta dalla società in aderenza alla politica di gestione del portafoglio ed ai suoi obiettivi, declinati poi nel piano operativo, diventa essenziale per l’efficacia della gestione dei crediti, e per le opzioni che potranno essere proposte al CdA.

La segmentazione del portafoglio costituisce poi una specifica attività il cui esito corretto consente alla società di acquisire maggiore conoscenza non solo della concreta consistenza delle posizioni in sofferenza, ma anche del valore delle esposizioni in relazione alle specifiche categorie di clienti. Tale dato consente di individuare e centrare con maggiore approssimazione le soluzioni da adottare per mitigare il rischio di aggravamento delle posizioni, e di valutare su quali segmenti eventualmente intervenire con azioni di sostegno e di eventuale “salvataggio” del cliente e su quali invece avviare soluzioni alternative, dalle azioni legali alle cessioni o alle cartolarizzazioni.

La gestione del portafoglio crediti assume oggi un valore nuovo, rispetto a quando le procedure prevedevano di trasferirne la posizione “in sofferenza” all’ufficio deputato al recupero dei crediti, considerandolo una semplice posizione passiva di cui occuparsi esclusivamente con azioni di sollecito e legali. La nuova visione della gestione del portafoglio crediti mira invece ad una valutazione qualitativa di tali posizioni, e non più soltanto quantitativa, il cui obiettivo è fornire all’impresa il quadro dettagliato del valore effettivo di tale portafoglio, non più limitato al solo ed esclusivo – seppure significativo e rilevante – al suo peso in bilancio.

L’analisi del portafoglio non va intesa pertanto come mera acquisizione del dato complessivo delle esposizioni e del loro valore di bilancio, ma a mio avviso va finalizzata anche ad una valutazione qualitativa delle esposizioni. Ciò consente di considerare la possibilità di conservare tale importante asset aziendale, al netto dei rischi di controparte, e di non disperderlo con l’idea di liberarsi del peso di bilancio che tali esposizioni rappresentano o possono rappresentare.

  1. La situazione post Covid19

La crisi pandemica ha prodotto sul sistema della nostra economia effetti diversi in relazione alle diverse tipologie di attività. Nella maggior parte dei casi, escludendo le imprese di produzione e distribuzione di beni essenziali, il blocco delle attività della produzione e dei consumi ha generato nelle imprese una crisi di liquidità che i provvedimenti governativi solo in parte sono riusciti a colmare.

La ripresa economica, produttiva e dei consumi potrà quindi risultare efficace laddove sarà possibile rimettere in circolo liquidità sufficiente a sostenere i rilevanti costi della crisi. In questo senso le attività di leasing possono rappresentare un ulteriore elemento di sostegno delle imprese, in quanto consentono un approvvigionamento di beni strumentali a costi pianificati, in una prospettiva di ripresa e di recupero delle posizioni di mercato.

D’altra parte, non si può tacere il rischio che invece a seguito della crisi economica conseguente al lockdown alcuni clienti (anche buoni clienti) delle imprese di leasing possano ritrovarsi con un potenziale aggravamento della propria posizione, diversamente da quanto potesse apparire in precedenza. Tale rischio va necessariamente considerato, e anticipato con opportune iniziative di monitoraggio, di verifica e anche di sostegno per quanto nelle possibilità delle società erogatrici, per contribuire non solo con lo strumento delle concessioni ma anche con altri interventi di accompagnamento alla ripresa che consentano di individuare e affrontare per tempo le diverse situazioni di probabili inadempienze che potrebbero verificarsi.

Si tratta quindi di assumere iniziative importanti, non solo a livello commerciale ma soprattutto di analisi e valutazione delle singole posizioni, per contribuire ad identificare sia le cause della crisi del cliente (finanziaria, strutturale, operativa, ecc.) che le eventuali soluzioni prospettabili rispetto alle capacità di ripresa.

Le imprese di leasing quindi, che forse più di altre mantengono un rapporto diretto e continuo con i propri i propri clienti, possono rappresentare un efficace strumento di sostegno al ripristino delle condizioni di operatività e recupero di produttività per quelle imprese sensibilmente colpite dagli effetti economici della crisi pandemica.

  1. Conclusioni

La gestione del portafoglio crediti nelle imprese di leasing diventa centrale rispetto alla capacità di individuare per tempo le potenziali situazioni di oggettiva difficoltà, e diventa uno strumento di valutazione costante di un significativo asset della società, a maggior ragione dopo l’emergenza Covid19 e dei suoi rilevanti effetti sulla condizione delle imprese.

Tale asset assume rilevanza non solo per la stabilità delle condizioni operative e strutturali della stessa impresa, rilevante a fini di vigilanza prudenziale, ma anche per rafforzare la consapevolezza sulle diverse opzioni a disposizione per una più efficace decisione attraverso una migliore e più approfondita conoscenza del proprio portafoglio crediti, ed evitare in tal modo decisioni determinate esclusivamente dall’esigenza di alleggerire i propri dati contabili e di bilancio.

Antonio Longo